Il barone rampante e il surrealismo

Qualche giorno fa è entrata in libreria una signora con una richiesta che ha messo a dura prova le mie (ancora scarse ahimè) capacità di libraia. La signora cercava, per la figlia undicenne, una raccolta di racconti surrealisti, dalla quale poter prendere ispirazione per il compito in classe di sabato.

Posto che la professoressa deve essere una tipa molto originale per chiedere agli alunni di scrivere un “tema surrealista”, la richiesta della signora mi ha davvero spiazzata. In primis perché ho studiato il Surrealismo più come corrente artistica che letteraria (se non come espressione poetica degli appartenenti al gruppo), in secondo luogo perché rendere la tematica comprensibile e non tediosa ad una ragazza di 11 anni mi è sembrato un’impresa titanica. Dopo un attimo di smarrimento ho fatto le dovute ricerche e ho scoperto che sarebbero classificabili come surrealisti Kafka, Poe e Buzzati. Ma io sapevo ben poco dei loro racconti e i romanzi non erano qualcosa di abbordabile per sabato.

E poi mi sono chiesta: ma non è che per farle capire il surrealismo obblighiamo questa ragazzina a leggere qualcosa del tutto inappropriato per la sua età? Ho esposto i miei dubbi alla madre  e abbiamo convenuto che sarebbe stato meglio cercare un “surrealista per bambini” o al massimo per adolescenti.

E mi è venuto in mente Calvino. Non so bene perché e sono ancora qui a chiedermi se era opportuno. In rete qualcuno lo definisce surrealista, altri parlano di iper realismo o di realismo magico. Io  ho pensato che la trilogia degli antenati potesse definirsi in qualche modo un po’ surreale e ho proposto alla signora il mio preferito dei tre: Il barone rampante.

Non è una fiaba, non è un romanzo realista, l’ho sempre classificata come un’allegoria. E’ la storia di un ragazzo che un giorno decide di salire su un albero, per sottrarsi alle brutture del mondo, e da quell’albero decide di non discendere mai più. Cosimo di Rondò, barone di Ombrosa, tiene fede al suo proposito conducendo un’esistenza separata ma non ascetica. Su quell’albero Cosimo si innamora di Viola, conosce personaggi famosi del tempo, diventa famoso a sua volta ed è amato da tutta la città di Ombrosa che si prende cura di lui. Un giorno si ammala e pur di non scendere dall’albero decide che anche la sua morte sarà aerea: si aggrappa al filo di una mongolfiera e scompare nel cielo.

Ho letto questo libro tanto tempo fa, forse all’età della ragazza alla quale avrei voluto farlo leggere (ma poi non la madre non me l’ha comprato, argh) e l’ho trovato molto bello e pieno di significati nascosti che allora non ero ben in grado di interpretare. Forse occorrerebbe rileggerlo, oggi capirei molto di più cosa voleva dirci Calvino.

Voi l’avete letto? Che ne pensate? Come l’avete interpretato? Ma soprattutto, è un romanzo surrealista o decisamente no?

Con questo post partecipo al Venerdì del libro del blog Home made mamma.

19 risposte a “Il barone rampante e il surrealismo”

  1. L’ho letto insieme a mio fratello, dodici anni, che lo aveva come missione estiva. Surrealista o meno ( e dai commenti mi par di capire che non lo era … diamine, ho fatto il classico e non ci hanno mai parlato di surrealismo in letteratura o.o), a me Calvino piace, e questa ‘fiaba moderna’ pure !

    1. Guarda è quello che ho pensato anch’io. Ho fatto Lettere e nessuno mi ha mai chiesto il surrealismo in letteratura. Mah…

  2. Che bel ricordo “Il barone rampante”! Non so se definirlo surreale, ma se non lo è certo ci si avvicina molto e forse ancora più surreale è l’altro libro di Calvino che io, da ragazzina,ho sempre associato al barone rampante…”il visconte dimezzato”, anche questo mi aveva incantata! Non so se una ragazzina di 11 anni di adesso può rimanere colpita da questo genere…magari un libro di Carlos Ruiz Zafòn tipo “Il palazzo della mezzanotte” (che tra l’altro era nato come romanzo per ragazzi) è più apprezzato…sempre che anche questo genere sia legato al surrealismo…non so. Comunque hai fatto bene a consigliare Calvino, è intramontabile….di sicuro c’è che a me hai fatto venire la voglia di rileggerlo!

    1. La cosa triste è che quella mamma cercava un racconto che la figlia potesse scopiazzare per il compito in classe. Detto ciò ogni altra mia proposta è caduta nel vuoto…

  3. Avatar ilmondourladietrolaporta
    ilmondourladietrolaporta

    Avrei voluto avere una professoressa così! Forse per surrealista intendeva scatenare la fantasia ed è proprio quello che ho scoperto con Calvino. Quando ho letto il barone rampante (tanto tempo fa, forse in seconda o terza media) ho capito che Calvino era proprio in grado di scrivere di tutto, facendomi apparire semplice buttare giù una trama originale.

    1. Non so, anch’io ho sempre amato i professori originali, che mi stimolassero a fare cose nuove, anche difficili; ma so anche che per altri compagni di classe non era così semplice: non capivano le spiegazioni stravaganti, detestavano i compiti poco comprensibili, per loro il tema surrealista sarebbe stato davvero un dramma (e un po’ li capisco!)

  4. Ti lascio i miei pensieri sul libro che hai commentato: lo colloco tra il racconto filosofico e il racconto o fantastico-allegorico; ritengo che sia un libro che rappresenta una collezione di descrizioni delle città che Marco Polo ha visitato durante i suoi lunghi viaggi, separati da una successione di dialoghi tra Kubilai Khan, l’imperatore orientale, e Marco Polo il viaggiatore, il quale non è interessato a fornire a Kublai Khan un’accurata descrizione geografica delle città, ma una approfondita conoscenza dell’impero attraverso particolari capaci di trasmetterne l’essenza.
    Nelle “Città Invisibili” si trovano quindi “immagini di città felici che continuamente prendono forma e svaniscono, nascoste nelle città infelici”, e questa struttura narrativa offre al lettore spunti di riflessione sulle problematiche delle città.
    Inoltre il libro è formato da brevi relazioni di Marco polo (10 nella parte iniziale e in quella finale, 5 nelle intermedie) come 9 blocchi narrativi, ognuno dei quali è racchiuso tra una introdu­zione e una conclusione: Kublai Khan e Polo “discor­rono” mentalmente, come sottolinea Calvino , che dichiara così di essersi ” narrativamente” sdoppiato.
    E’ il libro più importante del periodo parigino, del momento in cui Calvino ri-cercò un più stretto rapporto fra letteratura e scienza e in cui assimilò lo strutturalismo e la logica combinatoria (questo argomento mi ha interessato molto per lo studio della semeiotica e Barthes)
    uona domenica
    simonetta

    1. mbe sono così intensamente calviniana che mi sono immedesimata nelle Città invisibili che sto rileggendo e che mi appassiona sempre fino a diventarne un clone…. per i motivi a cui ho accennato

      1. Adoro Le città invisibili. Il titolo del mio blog è in parte un omaggio a quel libro. Ne riparlerò. Nel frattempo grazie per il tuo contributo.

  5. Uno dei miei libri preferiti.
    Ad essere sincero non ho mai pensato a classificarlo…

    1. Neanch’io. Che noia le classificazioni…

      1. Infatti.
        E poi ho il sospetto che classificare porti spesso ad incasellare i pensieri e ad omologarli. Quindi porta ad avere dal libro quello che ci si aspetta di riceverne, il che è un gran peccato.
        Meglio affrontarlo a mente libera.

  6. Non so se definirei Calvino un surrealista. Sono piuttosto incerta.
    Quello che so è che ho letto il Barone Rampante a 11 anni, e ho avuto uno di quei colpi di fulmini letterari che non passano.
    🙂

    1. Ti dirò… io sono ancora incerta sulla definizione di surrealismo…

  7. La risposta di sopra di Muninn Libri è sicuramente esaustiva. Mi associo nel dire che la lettura del Barone Rampante offre l’opportunità di sbrigliare la fantasia per quanto riguarda la comprensione del testo, chiavi interpretative conclusioni possibili. 🙂

  8. non so se calvino è surreale, ma il barone rampante è talmente bello che hai fatto bene comunque a consigliarlo. peccato che poi non l’abbia preso, c’ha perso molto!

  9. Calvino è un passpartout e l’insegnante a caccia di scrittori surrealisti ne resterà soddisfatta.
    Del resto anche io avrei pensato solo a Kafka, non conoscendo le correnti francesi di cui parla Muninn Libri, che ringrazio per le informazioni. Approfondirò, conoscendo degli autori citati solo la produzione poetica.
    A te Giulia un caro saluto!
    Grazia

    PS
    ho migrato il blog a giugno e forse ho perso la tua sottoscrizione, non sono un fenomeno dell’informatica! Se vuoi rifalla 😉

  10. Mah, diciamo che i vari “scrittori surrealisti” si staranno rivoltando nella tomba. 🙂 E anche quei tre scrittori che hanno in comune tutto e niente, tre tra i miei autori preferiti. So che è difficile definire un genere con precisione, ma alla fine l’unico che potrebbe essere definito surrealista è solo Kafka e solo tirandolo per i capelli. La vera scrittura surrealista come corrente letteraria è composta perlopiù da scrittori francesi della compagnia di Dalì. Bretòn e Prevert furono del gruppo, per poi fare altro. Il fatto che nessuno si ricordi di loro è perché scrivevano con la “scrittura automatica” una roba tipo il gioco dei “cadaveri squisiti”, producendo quindi una massa di roba illeggibile. L’obbiettivo dei surrealisti era lasciare emergere l’inconscio e l’irrazionale, qualsiasi cosa scritta con metodo e per comunicare qualcosa di definito al lettore non può essere pienamente surrealista. Calvino, per quanto fantastico e immaginativo era uno che sulla trama, sui personaggi, sulla storia ci lavorava moltissimo. Ma stai tranquilla, non so se la tua cliente cercasse effettivamente questo tipo di racconti, e soprattutto non credo che si possa fare un tema del genere alle medie, credo tu abbia fatto bene dopo tutto :). Alla fine i generi e le categorie sono solo etichette che si appiccicano, autori del calibro di Calvino non si possono mettere in un genere preciso. Per me Calvino è un narratore di storie e un teorico di come si narrano le storie. ciao!

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