Estate, tempo di repliche. Accendi la tv in qualsiasi ora della giornata e le vecchie puntate di serie tv, fiction, polizieschi sono assicurate. Credo che la maggior parte delle persone le guardi per inerzia, a me invece le repliche piacciono. Sono così infastidita e mortalmente annoiata dai palinsesti della tv ordinaria che per me la programmazione estiva è una delizia. Mi guardo più che volentieri le repliche della signora Fletcher, del Medico in famiglia, di Friends, così come sono in grado di rivedere dieci volte una puntata dei Simpson senza infastidirmi oppure detenere il record di repliche di Pretty Woman o Armageddon. Quando c’è un vecchio film in tv, anche se l’ho visto mille volte, io lo riguardo.
Curiosamente, riflettevo, lo stesso non mi succede con i libri. Non rileggo, quasi mai. Si contano sulle dita di una mano le volte in cui ho riletto spezzoni o addirittura libri interi e di solito si tratta di opere fondamentali nella mia vita. Ad esempio sabato ero in un momento di crisi esistenziale, diciamo. Che fare? Ho riletto Due di due. Terapeutico e consolatorio.
Ma di solito non rileggo. Eppure sono consapevole che alcuni capolavori che ho letto in passato andrebbero riletti quanto meno perchè mi farebbero tutt’altro effetto, o perchè un po’ si dimenticano, o ancora perchè in fondo rileggerne uno è sempre meglio che perdere tempo con altri dieci libri insulsi che sicuramente non riapriremo mai più.
Da piccola rileggevo tanto. Tanto tempo a disposizione e troppi pochi libri, nonostante me ne comprassero tanti, ma ero davvero una lettrice ingorda, perciò come saziarmi se non rileggendo? Oggi avrei voglia di farlo ma poi mi sembra uno spreco, mi capite? Tanti anni fa qualcuno mi ha prestato La lettera d’amore di Cathleen Schine. Ricordo che mi era piaciuto molto. Ogni volta che sono in libreria e vedo quel libro penso che vorrei comprarlo e rileggerlo. Lo prendo in mano, me lo porto un po’ in giro per il negozio, poi mi faccio tentare da qualcosa di non letto e lo mollo al suo posto. Ogni volta esco senza averlo comprato.
Ho trovato, girando sul web, questa riflessione molto interessante su letture e riletture. Un po’ lunga, ma vale la pena di essere letta:
“Una civiltà letteraria non è fatta di letture, è fatta di riletture; forse, semplicemente una civiltà. Ci sono generazioni che hanno conseguito una dignità duratura leggendo e rileggendo un solo libro, la Bibbia. Non leggevano altro, ma tanto bastava a farli individui colti, talora artisti, letterati, scrittori.
Rileggere è un’esperienza che non ha nulla a che fare con il leggere; leggiamo un libro che non conosciamo, può essere un classico che abbiamo ignorato…in ogni caso leggeremo mossi da curiosità, interesse, magari una punta di disagio per la nostra scoperta ignoranza; saremo un po’ come gli spettatori al cinema, vediamo cosa succede, come va a finire. Se finito il film usciamo e già sappiamo che questa esperienza è finita, vuol dire che non è successo nulla; molti libri, anche importanti, interessanti, entrano nella nostra vita e se ne vanno.
Il rileggere è questa alleanza discorde: insieme ritrovare, riconoscere e scoprire; trovare ciò che la lettura precedente, o anche più letture, non ci aveva rivelato.
La prima lettura può anche essere un innamoramento; ma esistono delizie di amorosità mentale che si abbandonano solo dopo anni di solidarietà, di complicità, una attenzione maliziosa e un po’ disonesta, nel senso che non deve esitare a coscientemente fraintendere, o lasciarsi illudere da un gioco astuto, un poco in malafede. Un’altra parola che mi piace: esiste una malafede dei grandi libri che è l’ultima a lasciarsi riconoscere, un gioco dentro un gioco, una allucinazione, addirittura una moneta fuori corso, o falsa, secondo le nostre ubbie monetarie, con cui acquistare una pietra rara e forse inesistente; nel cuore del grande libro sta il nulla più prezioso, irripetibile. Per accedere a questo nucleo fatale, inafferrabile, in bilico squisito fra esistere e non esistere, occorre rileggere, camminare per strade che crediamo di conoscere, aggirarsi per anfratti che ci illudiamo di conoscere a memoria, scrutare ciò che abbiamo guardato, guardare ciò che abbiamo scrutato, essere superficiali dove abbiamo osato essere profondi, cercare nella superficie quella profondità che abbiamo creduto di trovare altrove”.
G. Manganelli, in “Il rumore sottile della prosa”, Adelphi, Milano, 1994.
Che ne pensate? Voi rileggete mai? O la considerate un’operazione superflua? Che libro avreste voglia, in questo momento, di rileggere?
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